Agata OrfeoProprio quell'ultimo sguardo rivoltole, fece tornare in petto quella fastidiosa sensazione, ma forse - pensò - era meglio iniziare a conviverci e a domarla un po', perché si ritrovò ad avanzare verso il Renenge più anziano con passi piuttosto decisi, quasi come fosse stata presa da una veemenza improvvisa. Ma non era in realtà rabbia, bensì determinazione. Un tipo di determinazione piuttosto raro da trovare nell'animo di Agata, ma, con la sorpresa di tutti quanti, c'è da dire che non era nato dalla sua testa - altrimenti ci avrebbe pensato due o tre volte, e Freyr l'avrebbe preceduta altrettante volte, se non una in più. Probabilmente quel pericoloso avvicinamento lo avrebbe colto di sorpresa, o forse no: magari se l'aspettava anche. In quel caso, poteva ufficialmente dire di essere il suo grillo parlante, la sua coscienza, o qualsivoglia entità che la conoscesse meglio di se stessa.
Torniamo a loro, anzi, ai movimenti: Agata, non appena si ritrovò alla giusta distanza ("Allarme spazio personale invaso", per rendere l'idea) si allungò un po' con la schiena e con il collo, riportando le mani sulle guance dell'altro - e stavolta si può dire che le avesse effettivamente toccate (stupore e meraviglia!). Stavolta aggiunse anche il viso proteso, come per cercare le labbra.
A quel punto, sentì come un fulmine trapassarle la schiena. Una sensazione di freddo, che la fermò. Poté sentire solo un tocco leggero, un po' di solletico si può dire: nulla di più. Ma non era una repulsione indiretta da parte di Freyr, piuttosto proveniva dal suo cervello - che quasi per farlo apposta, riprese improvvisamente conoscenza, tirandole uno schiaffone pesante.
"Agata, ma cosa stai facendo?" pensò, rivolgendosi al suo io più debole, con lo stesso tono di Didone che rimproverava se stessa per aver pensato al pentimento sul punto di morte, cioè troppo tardi per poter tornare indietro.
L'aura di Freyr si sentiva ancora - ed era calda, a differenza della sua pelle e del suo tocco, innaturalmente freddi. Non le dispiaceva neanche quella sorta di distacco anomalo tra le temperature, bastava farci l'abitudine.
Ma doveva staccarsi da quella calamita.
Prima di allontanarsi, e far scivolare le mani via dal suo viso con un'inaspettata delicatezza (dopotutto, non ti aspetti tutta questa leggerezza da parte di un'assassina), gli rivolse un'occhiata, captando le sue iridi dietro i vetri. Dopodiché, si rilassò, e indietreggiò di qualche passo, sospirando - non solo per lo sconforto del suo lato umano, anche per l'esasperazione di avere a che fare con una personalità 'sì sentimentale.
"Non capisco come la tua freddezza attiri la mia solitudine e il 'mio' bisogno di affetto."
"Parlato"
"Pensato"
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